COME COMPORTARSI QUANDO IL BAMBINO NON VUOLE MANGIARE O PROVARE CIBI NUOVI
Spesso, per molti genitori, il pranzo e la cena, sono vere e proprie guerre psicologiche. Quando il bambino non vuole mangiare o non vuole provare cibi nuovi ci potremmo trovare di fronte ad un meccanismo definito neofobia, ovvero il rifiuto di qualcosa di nuovo e in particolar modo il rifiuto di assaggiare nuove pietanze.
Gli animali e gli esseri umani si possono distinguere sotto due categorie come i neofobici, ovvero coloro che hanno paura delle novità e i neofilici coloro che le apprezzano. Se da un lato, la neofobia è largamente diffusa nei bambini e non c’è da preoccuparsi, dall’altro lato se perdura, diventa un ostacolo per una corretta alimentazione sana ed equilibrata. Chiaramente non bisogna identificare il non gradire un determinato cibo, come neofobia, poiché questa mira di solito, al rifiuto di un’intera categoria di cibi come ad esempio il pesce, la verdura, la frutta, e questa deve essere affrontata con una certa determinazione, mentre è normalissimo il rifiuto di un singolo alimento o una specifica preparazione di un pasto, se non piace.
Quando un bambino rifiuta di mangiare non bisogna né forzarlo e nemmeno assecondarlo anche perché il rifiuto di mangiare è una condizione spesso fisiologica che intercorre tra i 2 e i 3 anni di vita e all’inizio dell’adolescenza, coincidendo con quel periodo della vita in cui un soggetto comincia ad affermare la propria autonomia. Possono essere periodi passeggeri e anche se hanno una durata non esattamente definibile non devono prolungarsi ed è qui che entrano in gioco mamma e papà. In questo caso, vale la regola di sempre: i genitori dovranno decidere che cosa dar da mangiare e i limiti superiori delle quantità, il bambino potrà decidere se e quanto mangiare. Quindi, se non ha voglia di mangiare non vanno proposte assolutamente alternative perché anzi sono proprio questi gli atteggiamenti che fanno rafforzare e perdurare i comportamenti di rifiuto. D’altra parte, non succede assolutamente nulla se il bambino salta qualche pasto!
Bisogna fare attenzione poiché alcuni metodi tramandati da una generazione all’altra, come ad esempio l’andare a riproporre lo stesso alimento per giorni e giorni augurandosi che il bambino ceda è altamente diseducativo e diventerebbe una imposizione alla quale il bambino si opporrà rafforzando le sue resistenze e aumentando i meccanismi di rifiuto. Questa è comunque una situazione difficile e risulta anche complicato, quando un bambino non vuole mangiare, spiegare l’importanza di determinati alimenti perché, dire, per esempio, che la frutta può aiutare a prevenire il cancro, le malattie cardiovascolari o il diabete, è un argomento al di fuori della portata e dell’interesse di un bambino ma anche dell’adolescente.
I consigli, che do ai genitori dei bambini e dei ragazzi che seguo in percorsi nutrizionali, sono quelli ad esempio di riproporre i cibi rifiutati come se niente fosse e il più delle volte sono necessarie dalle 8 alle 15 riproposizioni, che non devono essere né continuative e quotidiane, né distribuite in un arco di tempo troppo lungo. Oppure si può proporre la stessa pietanza preparata in maniera differente rispetto alla prima volta e ciò può essere utile per avvicinare il bambino a un gusto nuovo, anche se poi non è detto che quel cibo piaccia sempre, perché ogni preparazione è differente dalle altre. Dato che i risultati non sono quasi mai immediati ci si deve armare di tanta pazienza: i genitori non devono lasciarsi prendere dalla frustrazione e soprattutto non devono mettersi sullo stesso piano del bambino, diventerebbe una battaglia persa poiché la maggior parte delle volte vince sempre il bambino.
In quei casi in cui queste difficoltà si protraggono per tempi lunghi, si può pensare di coinvolgere il bambino nel fare la spesa indirizzandolo nelle scelte alimentari o in cucina nel corso della preparazione dei pasti ad esempio in attività che possono essere per lui divertenti, come lavare le verdure giocando con l’acqua oppure infarinare e impastare. Importante è anche la composizione dei piatti utilizzando per esempio ingredienti con colori diversi. Inoltre, è importante non esagerare con la quantità dei cibi che vengono riproposti: se non gradisce i piselli, mettergliene una montagna nel piatto non può che spaventare il bimbo e la sua avversione verso quel cibo aumenterà e sarà sempre più complicato farglielo piacere.
In conclusione, bisogna armarsi di tanta pazienza e non preoccuparsi se il bambino sceglie di saltare qualche pasto. Se il bambino è sano, cresce normalmente e continua a mostrarsi vivace e allegro, non vi è alcun motivo di condizionarlo e sforzarlo con aspettative che non può comprendere, né soddisfare, dato che nel suo istinto e nella sua spinta evolutiva egli ha strumenti insospettabili di autoregolazione dell’appetito e della sazietà.
Dott. Giovanni Sambiase